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giovedì 21 febbraio 2013

LA VERSIONE DI PAOLO SCARONI


Riprende oggi la rubrica “febbre a 90°” di Parliamo di calcio. Nonostante sia appena passato San Valentino, la storia che racconteremo oggi è molto triste. Il protagonista della storia si chiama Paolo, un ultras del brescia che il 24 settembre del 2005 si trovava in trasferta a verona, insieme ad altri 800 bresciani. Alla fine della trasferta i tifosi vengono scortati in stazione da una squadra di polizia. È proprio qui che scoppia il panico, vi sono tre cariche violentissime. Paolo ha gravi lesione e grazie all'aiuto di qualche amico viene portato in ospedale. Poco dopo entra in coma.
Secondo i verbali firmati dagli ufficiali presenti quel giorno la colpa dei disordini fu soltanto dei tifosi: “gli ultras bresciani occupavano il primo binario bloccando la testa del treno", con la pretesa di "far rilasciare due arrestati". Appena le divise si avvicinano, giura il pubblico ufficiale, "il fronte dei tifosi assalta i nostri reparti con cinghie, aste di ferro, calci, pugni e scagliando massi presi dai binari". La celere li carica "solo per prevenire violenze sui viaggiatori". Paolo non è neppure nominato: una riga nella penultima pagina del rapporto cita solo "un tifoso colto da malore a bordo del treno". Chi lo ha picchiato? "Scontri con gli ultras veronesi", è la prima versione, che crolla subito: la stazione era vuota, dentro c'erano solo i bresciani scortati dagli agenti. Quindi un celerino ne racconta un'altra: Paolo sarebbe stato ferito da "uno dei massi lanciati dagli ultras" suoi amici.Intanto Paolo è in condizioni critiche, i medici lo danno per spacciato, o comunque in stato vegetativo. Ma invece dopo un mese Paolo si sveglia, certo, i traumi si fanno sentire, purtroppo il suo corpo presenta danni irreparabili e ancora adesso ha riconosciuto il 100% dell’invalidità civile, ma fin da subito ha voglia di raccontare la sua versione, completamente diversa da quella degli ufficiali. E così una poliziotta molto coraggiosa apre un’inchiesta e inizia ad indagare. La sua indagine porta risultati inauditi, filmati nascosti, verbali truccati, prove contraffatte, in seguito anche altri poliziotti contraddicono i verbali di quel giorno. Secondo il personale del treno: “I tifosi erano assolutamente tranquilli, noi eravamo pronti a partire: non ho visto nessun atto di violenza, provocazione o lancio di oggetti". Cosi dichiarano i macchinisti. Ma chi ha scatenato il caos allora? Quattro agenti della polizia ferroviaria testimoniano che "i disordini sono cominciati solo quando la celere ha lanciato lacrimogeni dentro uno scompartimento dove c'erano tante donne e bambini piangenti". Particolare importante: "Prima non avevamo visto nulla che giustificasse il lancio del gas". Solo allora "un centinaio di tifosi, arrabbiati e lacrimanti, ci hanno minacciato, chiedendoci come fosse possibile lanciare lacrimogeni su un treno con bambini". Ma subito, dicono gli stessi agenti, "i capi ultras si sono messi in mezzo, facendo da pacieri, per calmare gli altri tifosi dicendo che noi della Polfer non c'entravamo". In quel momento la celere carica l'intera tifoseria.Intanto gli Ultras del Brescia si mobilitano, si accollano per intero le spese legali di Paolo, e creano un tam-tam mediatico tale che il febbraio dell’anno dopo Brescia è invasa da tifosi di tutt’Italia che chiedono solo una cosa: giustizia.Il processo parte il 25 marzo sotto accusa ci sono 8 celerini. Il padre dichiara "Ho sempre avuto rispetto delle forze dell'ordine. Ma adesso, quando vedo un'uniforme, non ho più fiducia". Adesso Paolo ha 34 anni, non conduce una vita come gli altri, è un invalido. “Oggi la cosa che mi fa più male è che sapere che mi hanno cancellato l'infanzia e l'adolescenza. Ho perso tutti i ricordi dei miei primi vent'anni di esistenza". Ma purtroppo il peggio deve ancora venire, infatti poco più di un mese fa’ arriva la botta più grande: il 19 gennaio del 2013 i celerini vengono assolti per “insufficienza di prove”.Stavolta no, non si può fare finta di niente, perché quello che è successo a Paolo non può passare sotto silenzio, a tutto c’è un limite. Ormai i questo paese le ingiustizie sono all'ordine del giorno, e di fronte ai soprusi del potente la nostra reazione di solito è quella di abbassare la testa. No, stavolta no invece, non possiamo farlo anche questa volta. Quello che è successo a Paolo poteva succedere a tutti, perché la vita di chi esercita abusi di potere è molto misera ma questo mondo è pieno di uomini miseri. Lo scorso 8 febbraio la famiglia di Paolo insieme agli ultras del Brescia ha indetto una conferenza stampa per ribadire che la battaglia continua e che alla fine per una volta la giustizia trionferà. Stavolta non si molla nulla. Giustizia per paolo Scaroni.

MICHELE NOCE

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