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mercoledì 23 gennaio 2013

JAVIER ZANETTI: IL LEADER SILENZIOSO

Gli equilibri del calcio europeo si stanno continuamente modificando negli ultimi tempi, e l'Italia purtroppo sta acquisendo un ruolo sempre più marginale. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, e così come non ci sono più i soldi per investire su campioni affermati a livelllo mondiale, d'altra parte si tende a valorizzare quello che si ha in casa propria: l'eplosione dei vari El Sharaawy, Lamela, Pogba, Juan Jesus coincide con la nascita di un nuovo modello di calcio, improntato su vivai e spese contenute.
In questo panorama, si tende spesso a dimenticare chi, pur di rimanere a giocare in Italia, ha risposto con un secco "no" ad ingaggi faraonici e vittorie assicurate. Chi è diventato un idolo per la propria città a suon di sudore, fatica e attaccamento alla maglia: è sempre più facile parlare del nuovo che avanza, piuttosto che del "vecchio" che persiste e resiste. Noi oggi ci concentriamo proprio su quest'ultima categoria, quella dei vecchietti mai dimenticati, quella delle cosidette "Bandiere", uomini d'altri tempi in un epoca governata dal denaro e non dai sentimenti. 
Se ci sono storie di cui vale la pena parlare quella di Javier Zanetti è sicuramente una di quelle.
Pupi nasce a Buenos Aires nell'ormai lontano 1973, in un quartiere, Dock Sud, dove non esisteva un campo da calcio: come tutte le leggende, l'inizio non è dei più facili: dopo tutta la trafila con le giovanili dell'Indipendiente viene tagliato dalla dirigenza, perchè considerato troppo gracile e debole. Smette di giocare a calcio, papà ha bisogno di lui al cantiere e dopo la cocente delusione subita, al piccolo Javier non resta altro che quello. Ma il destino ha in mente per lui qualcosa di più grande: fa un provino al Talleres, squadra  della Primera B Nacional e viene promosso. Comincia la carriera di Pupi, soprannominato così poichè "solo" 5 dei suoi compagni di squadra si chiamavano Javier. Viene acquistato dal Banfield per pochi spicci , ed è lì che sceglie il suo numero di maglia: 4, mai più sostituito.  Tutt'altro che gracile, Zanetti si impone in mezzo al campo grazie alla sua forza fisica e alla potenza delle gambe, che gli valsero un secondo soprannome, El Tractor: il Trattore. Si guadagna anche la convocazione in nazionale ed il 13 maggio 1995 Massimo Moratti fa di lui il primo acquisto da presidente dell'Inter.
Tutto il resto è storia nota, o quasi..
Nel 1995 non è ancora in vigore la legge Bosman, e dunque ogni squadra può schierare al massimo 3 giocatori stranieri in campo, non uno di più. Insieme a Pupi, in quell'Inter vi sono anche Roberto Carlos, Ince e il connazionale Rambert, presantato con Zanetti lo stesso giorno a Terrazza Martini. Javier non conosce nessuno, si trova catapultato in una nuova realtà, e arriva al campo di allenamento in ritiro con un sacchetto da supermercato in mano, nient'altro." Nessuno mi conosceva, fui io a dover chiedere dov'era l'hotel della squadra." Nonostante sia sicuramente il meno conosciuto tra i quattro, El Tractor viene spesso schierato titolare, a discapito del più blasonato Rambert. Zanetti è l'esempio di lealtà e rispetto verso i compagni e l'avversario, dentro e fuori dal campo, e mai il suo atteggiamento venne bollato come "sopra le righe", tranne una volta.
Nel 1997 l'Inter si gioca la finale di ritorno di Coppa Uefa contro lo Schalke 04, durante i supplementari  Roy Hodgson, l'allora mister dei nerazzurri, decide di sostituire il giovane Zanetti con Berti, un attaccante, in vista dei calci di rigore:"In piena trance agonistica non ci vidi più dalla rabbia..Ero semplicemente stanco e con l'adrenalina a mille..alla fine negli spogliatoi mi scusai, e tutto si risolse con una semplice stretta di mano". L'Inter perde ai calci di rigore, ma si rifà l'anno dopo, contro la Lazio, con un netto 3-0. Il secondo gol è realizzato  proprio da Javier, con un destro da fuori area che esaurisce la sua corsa sotto al set: è' il gol più importante della sua immensa carriera.
Cominciano anni di sofferenza per i tifosi interisti, lo scudetto del 1998 perso con la Juve tra le polemiche, quello del 2002 all'ultima giornata proprio contro la Lazio, le eliminazioni dalla Champions League per mano del Milan per due anni consecutivi; ma nonostante ciò Zanetti rifiuta due offerte molto importanti, quella del Manchester United nel 1999, e quella del Real Madrid nel 2000:" Ero ormai pronto per lasciare Milano, ma furono le parole di Moratti a convincermi a rimanere."
Moratti e Facchetti, due uomini con cui il capitano andava molto in sintonia, soprattutto Giacinto, con il quale ebbe un'amicizia vera e profonda, perpetrata nel corso degli anni.
Si sa, il capitano non abbandona il timone quando la nave sta affondando, e così Pupi rimane all'Inter nonostante il periodo buio, nonostante il rapporto difficile con Tardelli, perchè a volte è più importante sapere per chi giochi, e cosa rappresenti per i tuoi tifosi, piuttosto che i trofei e i soldi. E se dubitate ancora di quanto amore vi sia tra Zanetti e l'Inter, vi basti sapere che Javier ha fatto aggiungere una striscia azzurra che percorre tutta la sua automobile nera, con incastonato in cerchio il numero 4. Perfino in casa il bagno è piastrellato di neroazzurro.
Ancora oggi Zanetti viene pagato dalla società 2,7 milioni all'anno, un'inezia se paragonato agli stipendi dei vari Kakà, Ibrahimovic, Torres,Yaya Tourè e allo stesso Snejider. Ma che importa?
Lui non è un mercenario, non è uno dei tanti, è un giocatore d'altri tempi, che piange quando vince gli scudetti come un bambino, e, ancora oggi, dopo 17 anni, si emoziona quando la Nord canta a squarciagola "C'è solo un capitano."














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