Cerca nel blog

lunedì 30 settembre 2013

GUARDIOLA E MOURINHO: LA SFIDA INFINITA

Finalmente, dopo le vacanze estive che significano pausa del calcio giocato e intensa frenesia nel calciomercato, è iniziata una nuova stagione calcistica destinata a dare spettacolo e a scaldare i cuori dei tifosi come sempre e solo il calcio ha saputo fare nel corso della sua storia. E non c’è che dire, i motivi per seguire anche quest’anno il calcio internazionale non mancheranno di certo. Anzi. Forse più che in altri anni, l’attuale stagione è condita di punti interrogativi e dunque destinata a stupire, date le molte domande alle quali i tifosi cercano di dare una risposta al più presto: chi saranno le squadre che potranno ambire ad alzare la coppa più prestigiosa d’Europa? Chi vincerà il pallone d’oro? Che tipo di calcio trionferà? In poche parole: che sta succedendo?
Quest’ultima è una domanda alla quale la risposta completa è difficile da dare, ma semplice da riassumere: dopo il dominio delle spagnole, si prospetta una nuova era nello sport più bello del mondo. Ma chi potrebbe rubare la scena alle spagnole? Le candidate ci sono, e tra queste non possiamo non includere le due squadre che qualche settimana fa hanno disputato la finale di Supercoppa Europea, Bayern Monaco e Chelsea. Ma la partita ha regalato un altro spunto importante: la sfida che vede coinvolti gli allenatori delle due squadre, Guardiola e Mourinho.
Per capire l’importanza di questa “sfida nella sfida” bisogna fare un passo indietro: Pep e Mou, sedendosi rispettivamente nelle panchine di Barcellona e Real Madrid, si sono scontrati spesso negli ultimi anni regalandoci alcuni tra gli incontri più belli ed emozionanti di sempre. Guardiola e Mourinho sono infatti promotori e oserei dire inventori di due filosofie di gioco non solo diverse, ma addirittura opposte, e tutta la loro vita da allenatori è stata improntata sul dimostrare la supremazia del proprio gioco. Cambiano le squadre, dunque, ma non la sostanza, perché come abbiamo visto nella partita di Supercoppa i due allenatori hanno già inserito quelle modifiche negli assetti tattici delle rose che tanto somigliano al modello delle loro precedenti squadre.
Ma prima di analizzare nel dettaglio i cambi apportati dai due, vale la pena esaminarne la carriera recente, poiché casualmente Guardiola e Mourinho, arrivati all’apice del successo, negli ultimi anni (a causa anche dei loro caratteri radicalmente diversi), stanno sperimentando due tendenze opposte. Pep, quel ragazzo catalano che ha dato tutto per la maglia della squadra che ha allenato fino all’anno scorso, ha dato una risposta coraggiosa a chi lo criticava di aver vinto quattordici titoli solo per essersi trovato tra le mani la squadra perfetta: ha accettato la proposta del Bayern, approcciandola più come sfida personale che come prova da superare per entrare nella leggenda. Pep è tranquillo, sa che non deve dimostrare niente a nessuno: chi lo critica infatti dimentica che la strada per il successo se l’è costruita lui, perché continuando il lavoro ben avviato da Rijkaard ha saputo dare un impronta di gioco personale a quella squadra di talenti provenienti dalla cantera, basato sul possesso palla, che ha caratterizzato il bel gioco del Barcellona, lo stesso tiqui taca che, preso a modello proprio dalla stessa nazionale, ha dato tante soddisfazioni ai tifosi spagnoli. Sintetizzando: Guardiola se ne va a Monaco da vincitore, con un buon rapporto con la squadra e la tifoseria blaugrana. La nuova sfida lo stuzzica e forse lo spaventa un po’, ma intanto si gode il suo momento con un sorriso tra le labbra.
Il sorriso tra le labbra ce lo ha anche Mourinho (che in conferenza stampa ha rifiutato il nomignolo di “special one” dichiarandosi di essere semplicemente il “happy one” lasciando da parte, almeno per ora, le manie di protagonismo che lo avevano caratterizzato qualche anno fa) , ma per motivi diversi. Diverse le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere il Chelsea, diverso il ricordo che si porta con se della Spagna. Mou a Madrid non ci poteva più lavorare. Non tanto per non aver portato a casa tutti i trofei che ci si aspettava, ma per il clima che era diventato insopportabile nella seconda metà della scorsa stagione, a partire da quando aveva relegato capitan Casillas in panchina. Scelta coraggiosa, tenace, ambiziosa, probabilmente anche giustificata dalle prestazioni di Diego Lopez, ma che non è andata giù ai tifosi merengues. Un addio triste il suo, dunque, forse ingiusto per uno come lui, abituato com’è a vincere e a lasciare un ricordo incancellabile di sè nei cuori dei tifosi. Perché dunque il nomignolo di “happy one” anche dopo questo finale triste? La risposta è semplice: non esiste squadra migliore del Chelsea per Mourinho: a Londra è amato e lo rimpiangono in continuazione, Abramovich stravede per lui, e conta con la fedeltà e la determinazione della squadra, specie di Lampard, Essien e Terry, giocatori che ritrova dopo nove anni. Peraltro, il Chelsea possiede già i giocatori fisici che piacciono a Mourinho. Ma la cosa più importante è che finalmente potrà lavorare con serenità, senza paura di essere giudicato per un risultato o una sostituzione.
È aperta la sfida, dunque: anzi, è già stata aperta con la finale sopracitata, che ha visto il Bayern riacciuffare il pareggio in extremis nei tempi supplementari e vincere ai rigori. Sinceramente, qualunque delle due squadre (e dei due allenatori) avrebbe meritato la vittoria, visto che entrambe hanno regalato spettacolo seguendo le due opposte filosofie di gioco, avendo già assorbito molti degli insegnamenti dei rispettivi allenatori. 
Non si tratta di una vera e propria rivoluzione per nessuna delle due squadre, visto che Guardiola si è posto come obiettivo di cambiare lo stile ma non l’identità della squadra Bavarese, mentre Mourinho erediterà una squadra già “sua”, improntata sulla difesa e le ripartenze veloci come ai vecchi tempi. Mou, che giocherà col 4-2-3-1 con i due mediani che fanno da barriera invalicabile davanti alla difesa, punterà sull’esperienza dei “fedelissimi” quali Lampard e Terry e su centrocampisti offensivi giovani e scattanti quali Hazard, Schurrle e Oscar ottimi per i contropiedi dietro all’unico attaccante di peso (Eto’o o Torres); ma soprattutto Mourinho dovrà usare il suo grande carisma per dare uno scossone a una squadra che, nonostante i notevoli successi negli ultimi anni, appare senza troppa personalità: missione sicuramente abbordabile conoscendo le doti di Mourinho.
Discorso diverso per Guardiola: benchè entusiasmato dalla filosofia del club e del suo predecessore Heyneckes, lo stile di gioco del Bayern, improntato sulla rapidità e sul gioco sulle fasce (basti pensare che i giocatori più significativi della squadra sono Robben e Ribery), poco si adatta allo stile di Pep. Ecco dunque la doppia missione impossibile: migliorare un Bayern già perfetto, e personalizzarlo senza però sradicare il pensiero di base. Probabilmente dunque, Pep abbandonerà il suo famoso 4-3-3 e l’idea di “falso nueve” per adattarsi al gioco fisico tedesco. Il modulo più probabile è il 4-1-4-1 con Javi Martinez o Schweinsteiger (o Lahm, come si è visto nella Supercoppa) centrocampista basso a svolgere il ruolo di Busquets nel Barcellona (una specie di “libero moderno”, un altro ruolo inventato da Guardiola), un centrocampo offensivo (Muller dovrebbe fare da mediano propositivo stile Iniesta) pronto a dare spettacolo e le ali pronte a inserirsi dietro a Manzukic (l’Ibrahimovic della situazione, per intenderci), rapace d’area che gioca anche di sponda: quest’ultimo è stato preferito al panzer Mario Gomez proprio per la sua più spiccata qualità di uomo-squadra.
In definitiva, quest’anno può segnare una svolta importante per i due allenatori, chiamati a togliersi qualche sassolino dalla scarpa per diversi e quasi opposti motivi. L’uno per confermare a se stesso più che agli altri che è oro tutto quello che luccica, per dimostrare che è davvero un vincente; l’altro per rispolverare l’oro che già gli appartiene, per dimostrare che non è lo sconfitto, che è ancora lo Special One. Può sancire la vittoria e la gloria dell’uno e il tramonto di una storia comunque bellissima per l’altro. Chi si procurerà più soddisfazioni  o, se vogliamo essere pessimisti, meno dolori? Solo il tempo ce lo svelerà. Intanto sono aperte le scommesse.

MARIO COLAVITA

Nessun commento:

Posta un commento